Daniele Piccinin Muni Veneto I.G.T. Montemagro 2018

17,00

Esaurito

Categoria:

Informazioni aggiuntive

Peso 1,25 kg
Regione

Bio

Produttore

Vendemmia

2018

Vitigno/i

Descrizione

Il bianco Montemagro prende il nome dal Monte dove si trova la vigna. Magro appunto per la composizione del suolo asciutto e povero, dove la Durella ha trovato il suo ambiente competitivo.Contatto con le bucce per un periodo variabile inbase alle caratteristiche dell’annata. Fermentazione in acciaio per il 50% e legno per il restante 50%. Affinamento di 10 mesi negli stessi contenitori

Il vino si presenta al colore leggermente velato ma con quella lucidità visiva tipica dei vini naturali. Al naso è come farsi un tuffo nello Jura: i toni floreali associati a un complesso susseguirsi di erbe officinali ricordano molto le sensazioni dei savagnin. Una sensazione leggermente ossidata si presenta delicatamente nel bicchiere. Bocca tenace, dura, asciutta, vibrante. La consistenza è croccante, il liquido avvolgente….nessuna sensazione di eccessivo calore, anzi il vino è giocato sulla sofficità. Abbinamenti: Accompagna perfettamente frittate, sformati di verdura e pesce azzurro grigliato o fritto. Ottimo anche su un coniglio in porchetta con carciofi e mele.

Daniele Piccinin fa un percorso inverso rispetto al consueto continuo del lavoro dei padri o talvolta dei nonni. Questa volta il produttore comincia dal cliente finale: parte dal mondo della ristorazione, si diploma in alberghiero e dopo qualche anno apre con un amico un ristorante che punta sulla cucina di ricerca, non tradizionale. Si trovano in cucina in due, entrambi chef, e si rendono conto che il vino ha un ruolo fondamentale per comunicare a 360° le loro idee creative, il bicchiere deve parlare la stessa lingua del piatto. A scegliere la sala è proprio Daniele che si appassiona al vino, approfondisce la teoria con corsi di sommelier e la pratica con degustazioni e attività in cantine dove fa un vero e proprio lavoro/studio. L’obiettivo era ora capire come si fa il vino, come si trasforma l’uva e come arriva nel bicchiere dei suoi clienti per saperne tutto e per poterne raccontare al meglio le caratteristiche.

La curiosità diventa una vera passione e dal 2006 una filosofia di vita. Vende la sua parte di ristorante e acquista dei terreni intorno a una vecchia casa di famiglia.

Continua con la ricerca del non tradizionale anche in vigna: sceglie da subito di dedicarsi al vino in maniera del tutto naturale, con i suoi problemi, incertezze, esperimenti, ma poi tante soddisfazioni. Dice “ho imparato a fare vino…” e poi si corregge subito, “imparato…una parola grossa” c’è sempre da imparare, ma il primo insegnamento gli arriva proprio dalla natura stessa, sperimentare il meno possibile, perché ogni intervento è una manipolazione del frutto e della terra e il suo obiettivo principale è far si che dal suo vino si beva il territorio, tale e quale com’è. Vuole rendere giustizia a un vitigno sconosciuto ma autoctono, la Durella, una varietà che esiste da mille anni ma che rischia di andar persa. Anche questa scelta la dice tutta sulla sua determinata filosofia e profonda umiltà..

I suoi vigneti si estendono 3,5 ettari a San Giovani Ilarione in provincia di Verona, ai piedi della Lessinia nella valle d’Alpone (sul versante sud-est del monte Cimo, tra i 300 e 500 metri s.l.m.). La vallata è esposta da nord a sud e i due versanti sono estremamente diversi, uno ha suolo vulcanico, l’altro argillo-calcareo che permette vigorie e condizioni migliori per la Durella che Daniele coltiva.

La Durella è un vitigno medio tardivo, germoglia tardi, diversamente dallo Chardonnay, con cui taglia la Durella per poterla comunicare al mondo del vino con la giusta dignità. La raccolta va dalla prima decade di ottobre alla prima di novembre e questa sovra maturazione dell’uva rende al vino estrema complessità. L’acidità ha un ruolo fondamentale, da 2.9 di ph e da 7 a 11 di acidità.

Daniele è un altro di quelli che parla del suo vino come una creatura, da indirizzare all’inizio e poi da lasciar esprimere una volta seminate le basi. E come ogni creatura da tutelare, gli ostacoli e i pericoli ci sono sempre. I suo peggior nemico è l’ossigeno, non usa solforosa se non quando proprio è costretto, ma nell’esperienza ha compreso metodi per limitarla o escluderla completamente, con accorgimenti in fase di travaso che non alterano il gusto e non inquinano il vino.

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